Nonostante il tormentone sembra che fintanto che l’argomento non cavalchi l’onda dell’isteria collettiva è inutile parlare di qualsiasi cosa: tanto, non porta visite.

Beh non è così per me che passo dopo passo faccio piccole e grandi scoperte, osservazioni, considerazioni che appunto su questo spazio.

Di ritorno dalle vacanze natalizie decido quindi di ritornare sull’argomento Google Panda, visto che l’ultimo aggiornamento si è abbattuto su di un sito in modo particolare perciò voglio condividere qualche dritta che per me è stata efficace, oltre quelle che sono le supposizioni trite e ritrite di cui ormai mi sono stancato sinceramente.

Ebbene, la penalità di Google Panda dello scorso 19 dicembre ha colpito un mio sito che in un certo senso campava di rendita, ma nemmeno tanto… ovvero le caratteristiche del sito sono tali per cui la penalità è arrivata in presenza di un veloce caricamento delle pagine, nessuna pubblicità attivata, ed una serie di contenuti rappresentanti solo una minima parte del totale che portavano il grosso delle visite.

Tagliati alcuni rami secchi ad opera di Google Panda il sito è andato giù, allora l’esame di coscienza si è reso necessario quantomeno per andare a vedere quali rami secchi sono stati potati visto che la curva di analytics di primo acchito mi aveva fatto cadere la mascella al piano di sotto.

Mi sono quindi dotato di pazienza ed i passi per individuare la perdita sono stati:

– rapporto parole chiave organiche: grazie ai filtri di google analytics sono andato a filtrare le parole chiave che portavano traffico e che Google Panda ha fatto si ora non portassero più del dovuto.

– grazie alle espressioni regolari utilizzabili nel campo di ricerca di analytics ho isolato il problema ad un insieme circoscritto di entità

– fatto ciò ho esportato queste parole chiave in un file excel, ma ho continuato a lavorare su analytics scegliendo come dimensione secondaria la pagina di destinazione. Intanto ho verificato, attraverso un tool di monitoraggio delle parole chiave e della posizione del mio sito, che quanto accaduto fosse realmente una penalità sul posizionamento e non un calo di interesse dei visitatori su quell’argomento (infatti SE il traffico cala e il posizionamento cala, allora c’è qualche problema; ALTRIMENTI se il traffico cala ma il posizionamento resta, devo approfondire il trend di quelle parole chiave e sincerarmi che effettivamente quegli argomenti forse adesso non tirano più come prima).

– ho perciò individuato il tasto dolente sul mio sito, ovvero quelli che erano contenuti tutto sommato deprecati nella sostanza e che per una qualche ragione non andavano bene. Ho così “scoperto”, o meglio ricordato, che queste paginette le avevo scritte un anno fà e che questa età del contenuto, rispetto all’età del sito, facevano considerare il contenuto abbastanza vecchio. In più il tema era legato alla stagionalità ed io per via della mia indole truffaldina-seo avevo palesemente dato un titolo accattivante alla cosa.

Tutto ciò per dire che a volte i siti possono arrivare a generare alto traffico anche su contenuti che in effetti non hanno più senso di esistere. Quantomeno dopo la scia iniziale se un argomento non viene ribattuto, beh è il caso che venga archiviato così come le visite che esso genera.

Tutto sommato non ne voglio fare una colpa a Google SE, e ripeto SE, una qualche azione manuale fà si che nei risultati di ricerca si tenga conto della qualità e della popolarità del sito nei modi e nei termini usuali per i sistemi di rilevamento non censuari come quelli dell’Audiweb. Voglio dire che forse oggi grazie anche ai dati social, il concetto di posizionamento sui motori di ricerca sta subendo una trasformazione che lo vede calato in un contesto più umano e meno algoritmico. Dalla parte dell’utente.

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