Eccoci qui a parlare di nuovo di Social Networking. Oramai questa frase fà banco in molti contesti attuali e futuri, di certo.

Ma quello che rivendicavo giorni fà, con un linguaggio e un modo un pò dubbi e altalenanti, è quello che ho notato, e sicuramente altri prima di me, sulla piattaforma social blu: lo spam intrinseco.

Per Spam Intrinseco intendo tutte quelle possibili attività, azioni e funzioni che consentono al singolo utente di diffondere troppo ampiamente la propria voce: la troppa facilità con cui si riesce a raggiungere le persone mi sembra, non è poi un valore così tanto aulico. (Per citarne alcuni: mi sono ritrovato aggiunto ad eventi di carattere politico da persone che non conosco, che non sono amici di amici e per giunta ho impostato il mio profilo come non raggiungile dalla ricerca).

Ora, mentre scrivo, penso un attimo alla mia attività offline, di essere umano e la considero comparabile con quella dell’essere umano medio e penso: “E’ così facile come su Facebook, stringere amicizia e parlare con una persona nella realtà?“. La risposta mi pare abbastanza ovvia, ed essere “Certo che no. Il mondo offilne è lento e per stringere un’amicizia devi prima imparare a capire chi hai di fronte, cosa gli piace e cosa no.” Sul social network blu è l’inverso. Prima diventi amico con un tale e poi gli clicchi il “mi piace”.

Certo, non voglio mica rinnegare le possibilità di interconnessione tra le persone in diversi punti del globo, con le mie affermazioni… ma certe esagerazioni, mi sembrano aver un pelino stancato, almeno me.

Dopo esser stato fautore di alcuni profili, gruppi e movimenti (di test e previsti fallimentari) di massa ho capito quanto sono stato scemo a credere che la massa sia valore. La massa, invece, è peso. E’ un peso del quale ci si deve scrollare, perchè sta lì la bassa qualità del prodotto. Da questo punto di vista, critico Facebook, che ha permesso e permette il fiorire di entità (chiamali gruppi, fanpage e quant’altro) di massa piuttosto che Twitter, ancora un pò controverso ma col sistema del following riesce a filtrare meglio, sia da questo punto di vista più pulito. Così come penso a LinkedIn che almeno quando aggiungi un contatto ci prova a chiederti che tipo di relazione hai con il nuovo contatto, anche se lì puoi aggirarlo ugualmente.

Ad aggravare questo mio giudizio negativo c’è una constatazione che mi è risultata lampante dopo uno dei miei periodici momenti di pulizia del profilo Facebook: la possibilità di rimuovere e/o gestire amici ed iscrizioni.

Come detto sopra, mi sento un utente medio, nè un guru nè un idiota. Per cui ho trovato molto farraginoso il processo di rimozione degli “amici” che per inciso dovevo andare a visitare uno ad uno. Quando li aggiungi ce li hai quattro a quattro, se non di più. A questo aggiungi la scemenza delle impostazioni sulla privacy sempre aggiornate e in mutamento. Là dove Facebook è veloce è anche molto lento, infatti la privacy è sempre quel solito faldone da leggere che diciamoci la verità non legge nessuno ma se poi succede qualcosa “ah… perchè non hai letto il documento sulla privacy?”.

Vedo, in sostanza, una serie di azioni indirette che rendono la piattaforma e il suo uso canalizzate non secondo il modo che l’utente vuole, ma secondo quello pianificato da zio Zucky secondo il vecchio paradigma “iscriviti che mi vendo i tuoi dati”, così come accade per gli ebook -che mi hanno proprio scocciato e ancora trovi lì le landing pages dei guru…-.

Certo, su qualcosa bisognerà pur far leva e business. Però il mio pensiero trova sfogo solo nel confronto e nella comprensione del mezzo. Dopotutto, credo sempre di più ma se mi correggete imparo qualcosa anch’io -visto che per voi ho così tanto da imparare-, che il web amplifica e riscopre quello che c’è già di umano (e non automatico) nel mondo offline (le migliori idee del web, sono semplici idee fatte bene e mutuate dai gesti della nostra quotidianeità. Facebook non è da meno,  ma io lo ribattezzerei HypocrisyBook).

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